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Dott. GAIA D'URBANO
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USO DEL COLLARE ELETTRICO SUI CANI: COSTITUISCE REATO?
Brevi considerazioni di carattere tecnico giuridico nell'interesse delle Società produttrici
e distributrici sul mercato nazionale e mondiale dei collari ad impulso elettrostatico
per cani, tutte facenti parte dell'Associazione ECMA for Pet Protection.
1. Da alcuni anni ci si chiede se l'uso sui cani di collari ad impulso elettrostatico (c.d. collari elettrici), in commercio in Italia come in altre parti del mondo e destinati all'attività di addestramento, sia lecito oppure dia luogo a un fatto di maltrattamento di animali penalmente rilevante ai sensi:
- dell'art 544 ter c.p., che punisce con la reclusione da tre mesi a un anno oppure, in alternativa, con la multa da 3.000 a 15.000 euro "chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche" (comma l), nonché chiunque sottopone animali "a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi" (comma 2), oppure;
- dell'art. 727, comma 2 c.p., che punisce con l'arresto fino a un anno oppure, in alternativa, con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro "chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze".
La domanda si pone in quanto:
a) tra il 2005 e il 2008 si sono succedute tre ordinanze ministeriali contingibili e urgenti del Ministero della Salute¹, che hanno vietato l'uso di quei collari, affermandone la rilevanza penale quale ipotesi di maltrattamento di animali (la prima delle tre ordinanze ha richiamato espressamente l'art. 727, comma 2 c.p.);
b) il Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.) del Lazio, accogliendo le istanze presentate da alcune ditte che commercializzano i collari elettrici, ha annullato le tre ordinanze di cui sopra, facendo venire meno, pertanto, il divieto dell'uso del collare elettrico². In particolare, in relazione alla prima delle tre ordinanze, successivamente reiterata, il T.A.R. ha affermato che "risulta adottata senza alcuna istruttoria precisa e senza l'indicazione delle ragioni di necessità ed urgenza che - sole - giustificano il ricorso al potere esercitato" dal Ministero di adottare ordinanze contingibili e urgenti. Il prodotto di cui si inibisce l'uso, prosegue il T.A.R., "risulta in commercio da anni, sicché non è dato comprendere quali siano state (e se vi sono state) le valutazioni sopravvenute a distanza di tanto tempo e quali le circostanze di fatto prese a riferimento, capaci di giustificare la determinazione assunta [cioè l'imposizione del divieto di utilizzo dei collari elettrici].
Non può, infatti, ritenersi tale la prevedibile reazione alla scossa elettrica da parte dell'animale atteso che si tratta di reazione sempre presente in una pratica non nuova, anzi seguita da anni.
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¹Si tratta delle seguenti ordinanze del Ministero della Salute: o.m. 5 luglio 2005, in G.U. n. 158 del 9 luglio 2005; o.m. 12 dicembre 2006, in G.U. n. 10 del 13 gennaio 2007; o.m. 14 gennaio 2008, in G.U. n. 23 del 28 gennaio 2008.
²T.A.R. Lazio, Sez. III Quater, sent. 12 aprile 2006 n. 8614, in www.ambientediritto.it; Id., ord. 11 aprile 2007, inedita; Id., ord. 23 aprile 2008, inedita.
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c) la Corte di Cassazione, con la sentenza 13 gennaio 2007 n. 15061, ha rigettato un ricorso con il quale una persona, indagata per il reato di maltrattamento di animali per avere "abusato" del collare di tipo elettrico antiabbaio apposto al collo del proprio cane, chiedeva il dissequestro dell'animale. Nell'affermare la legittimità del sequestro preventivo dell'animale la Cassazione non ha provveduto ad una precisa qualificazione giuridica del fatto, che ha demandato al successivo giudizio di merito (non ha cioè indicato quale reato avrebbe commesso il proprietario del cane: il delitto di cui all'art. 544 ter c.p., ovvero la contravvenzione di cui all'art. 727, comma 2 c.p.), e si è limitata a rilevare come il sequestro avesse, nel caso sottoposto al suo giudizio, "lo scopo di evitare il protrarsi di una situazione di inutile sofferenza dell'animale costituente reato" (sic). La Cassazione ha affermato che l'uso del collare antiabbaio "rientra nella previsione del codice penale che vieta il maltrattamento di animali" ed integra quanto meno il reato di cui all'art. 727 c.p. perché "nel caso in esame il referto medico del veterinario richiamato nella richiesta di sequestro preventivo attestava lo stato di sofferenza dell'animale";
d) la recente ordinanza ministeriale 3 marzo 2009 (in G.U. n. 68 del 23 marzo 2009), a differenza delle tre precedenti delle quali si è detto, non contempla più nel suo articolato (nella c.d. parte ordinativa) alcun divieto di utilizzo dei collari elettrici: si limita solamente, nella propria premessa, ad un ambiguo ed erroneo riferimento all'anzidetta sentenza della Corte di Cassazione. Secondo la citata ordinanza, quella sentenza avrebbe affermato che l'uso del collare di tipo elettrico, quale "congegno che causa al cane un'inutile e sadica sofferenza" rientra nella previsione dell'art. 544 ter c.p.
Sennonché, come rivela la lettura del testo della sentenza in questione, che il collare elettrico sia un "congegno che causa al cane un'inutile e sadica sofferenza" è affermazione non già della Cassazione, bensì del Tribunale del Riesame di Vicenza, e viene riportata nel testo della sentenza della Cassazione solo per esporre la motivazione con la quale quel diverso giudice ha confermato il sequestro preventivo del cane di cui sopra. Non solo: non risponde al vero, come anche in questo caso rivela la lettura della richiamata sentenza della Cassazione, che questa abbia affermato che l'uso del collare elettrico rientra nella previsione dell'art. 544 ter c.p.: come si è detto la Cassazione, nel caso sottoposto al suo giudizio, si è limitata ad affermare, in presenza di una certificazione veterinaria attestante la "sofferenza" dell'animale sul quale è stato fatto "abuso" del collare elettrico, che è configurabile un maltrattamento di animali, senza però prendere posizione sulla configurabilità del delitto di cui all'art. 544 ter c.p., piuttosto che della meno grave contravvenzione di cui all'art. 727, comma 2 c.p.
2. In un siffatto confuso quadro di riferimento, normativo e giurisprudenziale, la risposta al quesito dal quale abbiamo preso le mosse - se l'uso del 'collare elettrico' sia lecito, ovvero costituisca reato e, in quest'ultimo caso, se integri il delitto di cui all'art. 544 ter ovvero la meno grave contravvenzione di cui all'art. 727, comma 2 c.p. - deve passare, anzitutto, attraverso due fondamentali premesse, che non è inutile richiamare:
a) in materia penale vige il principio della riserva di legge (art. 25, comma 2 Cost.): solo una legge approvata dal Parlamento, ovvero, secondo i fautori della c.d. riserva in senso materiale, un atto avente forza di legge emanato dal Governo (un decreto legge o un decreto legislativo), può stabilire se una certa condotta (nel caso di specie l'uso del collare elettrico) costituisca o meno reato. E' assolutamente pacifico che le ordinanze ministeriali, in quanto atti non aventi forza di legge, non possono invece legittimamente stabilire cosa costituisca reato. La soluzione alla suddetta domanda, pertanto, deve prescindere del tutto dalle citate ordinanze ministeriali e, in particolare, da quella del 3 marzo 2009, l'unica oggi in vigore;
b) le pronunce della Cassazione - il riferimento è alla suddetta sentenza richiamata dall'ordinanza ministeriale del 3 marzo 2009 - non hanno naturalmente forza di legge (né tale forza, anche per quanto si è detto, può essere loro attribuita da un'ordinanza ministeriale):
riguardano infatti singoli casi concreti (in quello suddetto: un'ipotesi di abuso del collare elettrico su cane del quale è stato certificato da un veterinario lo stato di sofferenza) e, come è noto, ben possono essere sconfessate da successive pronunce della stessa Cassazione, dando luogo a contrasti giurisprudenziali destinati talora ad essere risolti dalle Sezioni Unite, magari non definitivamente: la prassi conosce infatti numerose ipotesi in cui, nel tempo, si susseguono a proposito della medesima questione contrastanti decisioni delle Sezioni Unite.
Da queste premesse discende, quale conseguenza, che la risposta alla domanda che ci si è posti deve necessariamente trovare risposta nel testo della legge - degli art. 544 ter e 727, comma 2 c.p. -, verificando se ad essa sia o meno riconducibile l'utilizzo sui cani dei c.d. collari elettrici.
Orbene, se il collare elettrico viene usato per finalità di addestramento del cane, conformemente alle prescrizioni del produttore - se in altri termini di esso non viene fatto abuso, impiegandolo impropriamente come uno strumento di tortura - va senz'altro esclusa l'applicabilità dell'art. 544 ter, comma 1 c.p., che punisce in particolare chi, "per crudeltà o senza necessità", cagiona all'animale una "lesione", cioè una malattia nel corpo o nella mente, ovvero lo sottopone a "sevizie", cioè ad atroci dolori o feroci tormenti. Da un lato la finalità di addestramento esclude infatti che l'uso del collare avvenga "per crudeltà o senza necessità"; dall'altro lato un corretto utilizzo del collare medesimo - dotato di un meccanismo che varia l'intensità di emissione degli impulsi elettrici a seconda dei diversi livelli di sensibilità del tipo di cane di cui si tratta - esclude che quegli impulsi cagionino all'animale una lesione, cioè una malattia nel corpo o nella mente, ovvero sevizie, cioè atroci dolori o feroci tormenti.
Un corretto uso del collare ad impulsi elettrici, conforme alla finalità di addestramento per cui viene commercializzato (garantire un più efficace governo dell'animale, impedendo che questo possa ad esempio, molestare o aggredire l'uomo o altri animali), esclude altresì la configurabilità del reato previsto dall'art. 544 ter, comma 2 c.p., che punisce chiunque sottopone animali a "trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi". Se il collare elettrico viene utilizzato in modo conforme alle prescrizioni tecniche del produttore (rapportando opportunamente, ad esempio, l'intensità degli impulsi elettrici alle dimensioni del cane), esso non può infatti provocare un "danno alla salute" dell'animale. Non vi è dubbio che tale reato disciplinato dall' art. 544 ter codice penale, costituisce un reato di evento che si consuma quindi solo nel momento in cui dovesse insorgere una eventuale lesione o una condotta di sottoposizione dell’animale a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale.
Un corretto utilizzo del collare ad impulsi elettrici esclude infine la configurabilità del reato di cui all'art. 727, comma 2 c.p., che punisce chi detiene animali in condizioni "incompatibili con la loro natura" e produttive di "gravi sofferenze": da un lato, fare indossare un collare a un cane, come è evidente, non significa detenerlo in condizioni incompatibili con la propria natura; dall'altro lato, se il collare viene usato in modo corretto, cioè conformemente alle prescrizioni tecniche del produttore, esso non produce "gravi sofferenze".
In conclusione, un uso del collare ad impulsi elettrici conforme alle finalità per cui per viene commercializzato e alle prescrizioni tecniche del produttore esclude ogni ipotesi di maltrattamento di animali penalmente rilevante. Uno spazio per l'applicabilità delle norme incriminatrici previste dagli art. 544 ter e 727, comma 2 c.p. - come peraltro conferma la suddetta sentenza della Cassazione - residua nel caso di abuso del collare elettrico, che del tutto impropriamente venga adoperato per infliggere all'animale crudeli o inutili tormenti, ovvero per arrecare allo stesso lesioni (art. 544 ter, comma 1 c.p.), o danni alla salute (art. 544 ter, comma 2 c.p.), o ancora gravi sofferenze (art. 727, comma 2 c.p.). In tale ottica, a ben vedere, il collare elettrico per i cani non è diverso da un tradizionale mezzo di addestramento quale la frusta per i cavalli: se usata in modo proprio la frusta assolve alle finalità di buon governo dell'animale e non offende certo il sentimento umano di pietà per lo stesso; se però di essa si abusa, adoperandola non per il perseguimento di dette finalità ma, ad esempio, per seviziare l'animale con ripetute e violente frustate, magari in parti del corpo particolarmente sensibili, quel sentimento umano, tutelato dalla legge penale, risulta certamente offeso.
(Avv. Antonio Bana)
(Avv. Gian Luigi Gatta)
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- IN BREVE -
Forse nessuno strumento comportamentale inventato dall'uomo è stato più denigrato del collare elettrico, o come lo chiamano i suoi detrattori, il collare shock. Io sono assolutamente d'accordo con chi critica questo strumento, il quale, se usato scorrettamente o messo nelle mani sbagliate, non solo può traumatizzare il cane, ma anche danneggiare in modo permanente la fiducia che desiderate instaurare con l'animale. Tuttavia, se adoperato da una persona esperta, nelle giuste circostanze, può fare la differenza cruciale per il vostro animale.
Tratto dal libro di Cesar Millan 'Il capobranco sei tu'